Atti del convegno "Il silenzio del sacro. La dimensione religiosa nei rapporti interculturali"

Volume 12 (2017)

Se è vero che non esiste interculturalità senza un dialogo che sia basato sulla conoscenza, allora è inevitabile chiederci in che misura si possa affrontare il progetto interculturale eliminando una delle componenti più diffuse e più profonde delle culture: la religione. Come mai il sacro è un territorio sottratto al dialogo interculturale?

Si preferisce eliminare la dimensione religiosa dello scambio interculturale perché si teme di inoltrarsi in un territorio “minato” in cui sarebbe impossibile evitare di ferire sensibilità, toccare quello che per molti va ritenuto intoccabile. Questa “evasività” crea una sorta di angolo cieco in cui si radicano incomprensioni reciproche, distorsioni, caricature, ostilità. Il risultato è quello di un’intercultura monca e come tale esposta a fallire il proprio ambizioso disegno di apertura e comunicazione trans-culturale.

A questi temi la Fondazione ha dedicato un convegno a Bari dal 31 marzo al 2 aprile 2017.

Il convegno si è occupato esclusivamente della dimensione culturale e in nessun modo ha affrontato tematiche relative al dialogo interreligioso. Per questo motivo sono stati chiamati a partecipare al convegno esperti di religione (storici, sociologi, psicologi) ed esponenti della “cultura religiosa”, ma non religiosi in quanto tali. Confermando la costante attenzione della Fondazione Intercultura al nesso fra teoria e prassi, sono stati coinvolti anche operatori con esperienze concrete di lavoro con soggetti di fedi diverse.

Proprio perché la focalizzazione principale del nostro discorso è quella dei giovani, si è sottolineata l’importanza di separare due aspetti profondamente diversi e compatibili purché si eviti di confonderli: la “dottrina” e la “cultura religiosa” (con i suoi aspetti attinenti la storia, l’arte, la letteratura). La dottrina religiosa spetta alle religioni, alle loro istituzioni e al loro clero. La cultura religiosa deve necessariamente fare parte di una formazione per tutti.

L'intento era di far emergere un appello a trasformare il “silenzio del sacro” nelle “voci del sacro”. Voci di autentico rispetto (che non è compatibile con un silenzio in cui si annida l’incomprensione quando non una silenziosa ostilità) e di dialogo, certo non compatibile con il silenzio

Gli atti sono pubblicati in questo volume.

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